Giustizia. Avanti così!
Le chiavi della riforma:
(dopo i rilievi di Ciampi)
Funzioni separate.
La riforma, approvata in via definitiva, prevede la separazioni delle funzioni. I magistrati dovranno indicare già nella domanda di ammissione se hanno intenzione di ricoprire la funzione di pm o di giudice. La scelta è destinata a diventare definitiva dopo cinque anni. Per passare da una funzione all’altra, bisogna sostenere un esame orale e cambiare distretto giudiziario.
Esami psico-attitudinali.
Per accelerare la carriera, sono previsti concorsi per titoli ed esami. Nell’orale del concorso, i
magistrati dovranno sostenere anche “colloqui di idoneità psico-attitudinali”.
Azioni disciplinari.
L’intervento da parte del procuratore generale della Cassazione in tema di azioni
disciplinari diventa obbligatorio. Il termine della prescrizione è di un anno.
Scuola di magistratura.
La Scuola della Magistratura dovrà occuparsi della formazione dei giovani magistrati e uditori giudiziari,
ma anche di organizzare i corsi di aggiornamento professionale. Dovrà anche segnalare al Consiglio
giudiziario i comportamenti che contrastano con le sue disposizioni.
Il manager dei giudici.
Nelle Corti di appello di Roma, Milano, Napoli e Palermo arriva il direttore
tecnico. Un manager cui sono affidate l’organizzazione e la gestione dei servizi privi di carattere
giurisdizionale.
Ministro di Giustizia.
Il ministro della Giustizia dovrà dare comunicazione alle Camere, all’inizio di
ciascun anno giudiziario, sull’amministrazione della giustizia del precedente anno.
Altre norme.
Viene introdotto il divieto di conferire cariche direttive giudicanti e requirenti di primo
e secondo grado a magistrati che abbiano meno di quattro anni di servizio prima della data di ordinario
collocamento a riposo. La riforma stabilisce anche che i magistrati non possono iscriversi a partiti né
partecipare ad attività di centri politici o affaristici che ne possano condizionare l’esercizio delle
funzioni o appannare l’immagine.
L’iter.
La riforma della giustizia è stata approvata dopo un lungo iter parlamentare, reso problematico
dai rilievi del presidente Ciampi, che ha constatato alcuni punti di “palese incostituzionalità” nel testo
approvato dalle Camere a fine 2004. I tecnici del ministero della Giustizia hanno quindi modificato il ddl,
che è dovuto passare due volte dai rami del Parlamento. Ieri, con la votazione di fiducia posta alla Camera,
è arrivato l’ok definitivo.